Prima che mi addormenti
di Marco Celati - giovedì 07 gennaio 2016 ore 10:00
Prima che mi addormenti è già notte inoltrata. Sono ore aggiunte al giorno, rubate alla notte: un tempo che si dilata, un tempo che non c'è. Un tempo aggiunto o sottratto al tempo: quello del giorno dopo, quello del giorno prima.
Prima che mi addormenti è avventurarsi in un luogo incerto della memoria e del presente. Il futuro sarà nei sogni, se verranno, o sarà un sonno buio, "perso il ricordo del mattino". Mi scordo le cose e i nomi delle persone: ho perso la memoria breve. Sto diventando vecchio, sono diventato vecchio: ricordo cose lontane, dimentico l'immediato e il nuovo. Ripeto cose già fatte. Mi attardo. Sto qui sospeso, in bilico tra ieri, oggi e domani. Le idee sono liquide: vengono ad onde lievi e lievi se ne vanno. Sono evanescenti, qualcuna la appunti e la fermi, altre ti proponi di ricordarle, ma invano. Sfuggono, sembra non vogliano essere comprese, ridotte ad una limitata costruzione mentale. E io posseggo un'intelligenza primitiva, un cuore appena sensibile dal battito irregolare.
Prima che mi addormenti leggo e immagino. Penso e scrivo. C'è una casa in campagna, una casa di pietra e di mattoni: solo i mattoni migliorano col tempo. Per tutto il resto il tempo è un macellaio, rare volte un galantuomo. Si cresce e crescendo si impara un bel niente. Il mondo di noi provinciali sta tutto qui d’intorno: pochi chilometri quadrati di esistenza. Siamo sempre stati qui, qui i nostri affetti. Nelle case al mattino l'odore del latte che bolle e del pane abbrustolito. Il male dell'amore è che poi ci si abitua, ci si affeziona: approfitta della vita o la vita approfitterà di te. Approfitta dell'amore o l'amore approfitterà di te.
Prima che mi addormenti sono pensieri brevi, pensieri in libertà. La noia viene come un odore acuto di chiodi di garofano. E il sonno. Perdere lucidità forse abbassa barriere di coscienza e freni inibitori: così la ragione incontra il sentimento, ma non senza combattere con i propri mostri il buon combattimento della vita. È inutile la vita? Ha un senso? Chi può dirlo.
Prima che mi addormenti non lo so e, temo, nemmeno dopo il risveglio. Eppure vivo, presuntuosamente vivo, curo il mio ego sentimentale e sociale come meglio posso. L'istinto di pensarci ci distingue e così siamo. Questa casa soffre di un silenzio che sa di vuoto e per prendere sonno mi invento i rumori: il crepitio del fuoco, lo scroscio della pioggia, il soffio del vento e la tempesta, la risacca del mare sulla spiaggia.
Prima che mi addormenti penso ai figli. Non sono stato un gran padre, più un fratello grande e distante da loro. Ma li ho amati e li amo come mai ho saputo amare. Come so. Prego per loro bene e salute: offro in cambio la vita a un dio che non esiste.
E torno sull'amore che entra nella vita, impetuoso: un impeto non controllabile, almeno non da me. A folate travolge equilibri, reca male e bene. E male e bene riceve. L'amore è un dono e un danno, terribile e meraviglioso.
Prima che mi addormenti lo ricordo nella complessità del piacere e del dolore: per amare veniamo al mondo, per continuare a vivere.
Prima che mi addormenti penso al paesaggio che si offre all'affaccio: la collina, la distesa dei maggesi, il cielo terso, le nuvole che corrono veloci e, di notte, la volta stellata, la luna e le luci dei paesi che si perdono lontane. Posso solo immaginare la fatica e le lotte contadine. E penso alla piana industriale, alla città di fabbriche e motori, di ingegneri e di operai, a ciò che siamo stati: forza sociale e politica, classe dirigente e non so che cosa ancora.
Prima che mi addormenti ripeto che una vita spesa è una vita spesa e a questo ci hanno chiamato il dovere ed il servizio. Che si sappia, che qualcuno lo ricordi e passi il testimone. Saremmo venuti per progredire fra gli uomini, per crescere senza nuocere al mondo, alla terra, alla natura. Questo s'intendeva, questo s'e perso nel cammino. Ma il cammino sono i passi oltre la notte e il giorno, oltre il sonno che viene, oltre i sogni, se se ne hanno, e anche di sogni è fatto.
Prima che mi addormenti mi domando se fu necessità o libera scelta, se il caso o il destino ci governa oppure se da noi tutto è dipeso. E quanto ci fu obbligo o volere.
Prima che mi addormenti vengono in rassegna i cari fantasmi: la madre giovane che sorride, il padre che l'amava, un amico che fu compagno di gioventù. Passano come ombre nella memoria. Penso alla morte ed al dolore: vengono nella vita, verranno perché a questo siamo destinati dalla gioia della nascita. Eppure la vita è ilare e giocosa, talora sorprendente, più spesso no. E allora sono giorni grigi che seguono altri giorni e noi li attraversiamo. Salute miei cari, addio, arrivederci al prossimo ricordo.
Prima che mi addormenti ho la schiena a pezzi come quelli del mobile Ikea che ho montato. Gli svedesi destabilizzano gli equilibri familiari: la comunità internazionale dovrebbe intervenire.
Prima che mi addormenti mi viene in mente: “per una battuta di spirito ucciderei mio padre e mia madre, per fortuna sono orfano”. Chi lo disse? E poi penso sono stato orfano davvero. Lo siamo stati tutti, fratelli e sorella. E com’era quel verso? Una poesia di Pascoli che piaceva alla mamma. Me la faceva recitare per le feste: parlava di stelle cadenti. La ripasso a memoria, ma qualcosa non torna. È stato un lungo giorno. Domani cosa c’è da fare. Domani come mi vesto. Ho spento da tempo la luce e qualcosa si spegne nella mente: la coscienza del giorno e di me.
Treggiaia, 11/12 dicembre 2015
Marco Celati