Diventare Maestro di se stesso prima di insegnare ad un altro
di Adolfo Santoro - sabato 04 febbraio 2023 ore 09:00
Diventare Maestro di se stesso prima di insegnare ad un altro (5 – continua)
Ho finora preso a modello le vicende della famiglia Freud per evidenziare le responsabilità delle generazioni precedenti rispetto alla trasmissione della sofferenza alle generazioni successive. Esaminerò più oltre, ed in altri miei scritti, quest’argomento troppo complesso per essere trattato qui.
Ma, oltre alla Famiglia, c’è un’altra “Agenzia di formazione” che trasmette irretimento piuttosto che libertà alle generazioni successive: la Scuola!
La Famiglia e la Scuola sono le due istituzioni fondamentali per l’acquisizione di una salda maturità. La Scuola, ed in particolare la Scuola italiana, è un parcheggio o un luogo di formazione? Alcuni dati suggeriscono, in modo inequivocabile, che molti Dirigenti scolastici, Insegnanti, Studenti e Famiglie italiani (per non parlare dei Bidelli) sono parcheggiati.
La valutazione a livello internazionale delle competenze della popolazione adulta, tra i 15 e 65 anni, nelle aree della lettura, scrittura, matematica e risoluzione dei problemi è effettuata dall’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), un’organizzazione internazionale con partecipazione del Ministero degli Esteri. Le rilevazioni periodiche dell’OCSE rivelano che l’Italia è il paese europeo che sta peggio per quanto riguarda il livello di analfabetismo funzionale.
L’analfabetismo è distinto in “strumentale” (totale incapacità di decifrare un testo) e “funzionale” (incapacità di passare dalla decifrazione e dalla faticosa lettura alla comprensione del testo, anche semplice).
Secondo la definizione dell’Unesco del 1978, “Una persona è funzionalmente alfabetizzata se può essere coinvolta in tutte quelle attività nelle quali l’alfabetizzazione è richiesta per il buon funzionamento del suo gruppo e della sua comunità e per permetterle di continuare a usare la lettura, la scrittura e la computazione per lo sviluppo proprio e della sua comunità.”.
Analfabetismo è l’incapacità dell’individuo di decifrare l’ambiente e partecipare alla società in cui vive, incapacità di usare abilità in modo funzionale in attività tipiche della vita quotidiana, come leggere gli orari dell’autobus o usare un computer. Non si tratta solo di nozioni lette su un libro o su un giornale, ma anche di quelle vissute, di esperienze di vita di tutti i giorni.
Ebbene, il 38% degli italiani (contro il 15% dei finlandesi, i meno analfabeti) è funzionalmente analfabeta, oltre ad altri due milioni di italiani che è strutturalmente analfabeta (non è in grado, cioè, di leggere, scrivere e far di conto).
Secondo l’OCSE un analfabeta funzionale è più incline a credere a tutto quello che legge in maniera acritica, non riuscendo a “comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere con testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità”.
Falliscono nelle prove di competenza di base non solo gli italiani di scarsa cultura, ma anche i laureati, che rappresentano il 2% degli analfabeti funzionali, mentre l’8%, sempre dei laureati, commette sviste imperdonabili.
Tullio De Mauro nel 2016, poco prima di morire, asseriva: “8 italiani su 10 hanno difficoltà a utilizzare quello che ricavano da un testo scritto, 7 su 10 hanno difficoltà abbastanza gravi nella comprensione e 5 milioni di italiani hanno completa incapacità di lettura. Un nostro diplomato nella scuola media superiore ha più o meno lo stesso livello di competenza di un ragazzino di 13 anni che esce dalla scuola media: i 5 anni di scuola media superiore girano a vuoto e questo determina un bassissimo livello di quelli che entrano nell’università.
Solo un’istruzione adeguata permette di discernere fra le miriadi di informazioni che circolano in tv, carta stampata e social le informazioni vere da quelle confuse e dalle fake news. Solo il 30% degli italiani comprende il linguaggio della politica
Al Sud e nelle Isole si ottengono le performance peggiori.
“E votano!”, direbbe il sublime comico americano George Carlin, “e votano!”. Ed è il meno! Sì, è vero, il diritto di voto ai non formati potrebbe essere limitato alla giuria di San Remo, ma il problema è che diventano membri delle “istituzioni” senza essere formati in etica.
Tutto ciò esprime il “ritardo” nell’evoluzione della mente soprattutto nelle generazioni precedenti. Ma come stanno le cose per gli adolescenti attuali?
Un sottoprogetto dell’Ocse è il “Pisa” (Programme for International student assessment), che dal 2000, ogni tre anni, analizza le competenze di lettura, matematica e scienze degli studenti di 15 anni dei 38 stati membri dell’Ocse e di altri Stati. Il Sistema Scolastico italiano offre una preparazione ai ragazzi di 15 anni inferiore rispetto alla media dei paesi Ocse e viene confermata l’inferiorità di Sud e isole, che sono anche il posto di maggior abbandono scolastico. La pandemia ha comportato un’ulteriore diminuzione dei punteggi.
Risultati analoghi sono stati prodotti dalle prove INVALSI 2022 (INVALSI è un istituto di ricerca in campo educativo), che hanno coinvolto oltre 2,4 milioni di studenti italiani. La Scuola primaria ha tenuto negli ultimi anni di pandemia, le differenze tra regioni sono minime ed i risultati simili tra loro. Alle elementari i ¾ di allievi raggiungono almeno il livello base. Alle Medie viene confermato il calo in Italiano e Matematica. Alle Superiori solo la metà degli studenti raggiunge il livello base in Italiano e Matematica, ma con delle differenze a livello regionale.
È il risultato della delega dell’educazione ai programmi di Italia 1 e al telefonino? Non solo!
Anche perché ancora più preoccupante è l’analfabetismo emotivo, cioè l’incompetenza a regolare e ad esprimere le proprie emozioni o “alessitimia” (la regolazione delle emozioni è appresa nei primi tre anni). Quanti adulti italiani sono alessitimici? E se provassimo ad allargare le domande dalla Famiglia alla Scuola?
In letteratura non ci sono ricerche quantitative riguardanti il rapporto tra mentalizzazione/empatia e/o comportamento pro-sociale/antisociale. Siamo ancora ai punti di domanda, che potrebbero essere i seguenti.
Quanti insegnanti delle Scuole materne sono in grado di “narrare” e si sono confrontati con la loro libertà di creare con i loro scarabocchi (competenza perfezionata tra i 3 e i 6 anni)? Quanti insegnanti sanno confrontarsi con la propria capacità di fidarsi, con i propri desideri, con la propria capacità di mettere ordine, con le intelligenze multiple, con la tenerezza prima e al di là della sessualità , con la trasformazione radicale del corpo e della visione del mondo, con la consapevolezza della morte, col masochismo conseguente al vivere in una società sadica e disposta ad uccidere la Vita? Quanti insegnanti sanno confrontarsi, insomma, con il proprio grado di mentalizzazione, che è qualcosa di più dell’empatia?
Come in tutte le relazioni, così nella formazione, il rapporto nasce dalla formazione; poi transita attraverso l’avventura; infine esita verso l’impegno adulto. In base a ciò, le domande diventano: Quanto la Scuola è adulta? Quanto ha compreso che la sua “mission” è “formare” le menti a lei affidate? Quanto è formato il Consiglio dei ministri, che ieri ha approvato, tra gli applausi, il disegno di legge “Calderoli” sull’autonomia differenziata, che include anche la frammentazione della Scuola in Italia?
Ce n’è abbastanza per fermarsi e rimandare alla prossima.
(continua)
Adolfo Santoro