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domenica 13 ottobre 2024

DISINCANTATO — il Blog di Adolfo Santoro

Adolfo Santoro

Vivo all’Elba ed ho lavorato per più di 40 anni come psichiatra; dal 1991 al 2017 sono stato primario e dirigente di secondo livello. Dal 2017 sono in pensione e ho continuato a ricevere persone in crisi alla ricerca della propria autenticità. Ho tenuto numerosi gruppi ed ho preso in carico individualmente e con la famiglia persone anche con problematiche psicosomatiche (cancro, malattie autoimmuni, allergie, cefalee, ipertensione arteriosa, fibromialgia) o con problematiche nevrotiche o psicotiche. Da anni ascolto le persone in crisi gratuitamente perché ritengo che c’è un limite all’avidità.

Come migliorare la proposta “pace terra dignità”

di Adolfo Santoro - sabato 23 marzo 2024 ore 09:17

Sta succedendo una cosa strana: finché erano solo il papa o gli intellettuali dei talk-show televisivi o qualche sparuta chat a parlare di “pace”, questa parola non era, per il mainstream, un argomento interessante quanto la parola “guerra”, ma ora che Michele Santoro ha iniziato ad introdurre il termine nell’agone democratico, improvvisamente la parola “pace” sta recuperando sulla parola “guerra” e molti partiti si danno una riverniciatura.

Guardando il panorama politico la proposta di Michele Santoro è persino “facile”.

Grosso modo, c’è nel mondo una destra alla Trump emergente, basata sul razzismo verso il Sud del mondo: è una destra che ama le barriere fisiche, i muri, gli stati-cuscinetto governati da autocrati (come la Turchia, la Tunisia o l’Egitto) le espulsioni e i genocidi; le armi devono essere usate soprattutto per difendere la proprietà privata, per reprimere gli oppositori, per difendere i confini e per distribuirle agli Stati “amici”; ma la superiorità dei missili a lunga gittata e nel nucleare è quello che conta. Grosso modo, c’è nel mondo una sinistra “democratica”, “buona”, che ama le guerre e le armi fino alla vittoria finale contro l’altro Impero. Zelensky chiede più armi; Macron chiede una difesa finanziata con eurobond; la gente europea inizia a rendersi conto di essere coinvolta in almeno due guerre senza che i Parlamenti siano stati consultati ed inizia a rendersi conto che la propria gioventù rischia di essere inviata in guerra e di essere stroncata come la generazione dei giovani ucraini, inizia a rendersi conto che è possibile l’escalation verso il terrorismo e l’uso delle armi nucleari. E, mentre succede tutto questo, le democrazie del mondo occidentale stanno cedendo il passo alle oligarchie e quelle al di fuori del mondo occidentale stanno cedendo il passo alle dittature.

Anche riguardo ai problemi ecologici mondiali il discorso è solo un fatto tecnico, in cui è facile passare dal negazionismo all’affarismo, mentre la salvaguardia della salute degli individui e della Terra viene dopo il PIL e dopo la guerra. L’assenza di politiche efficaci fa sì che un argomento pericoloso, il nucleare, finisca per mettere d’accordo le due sponde. L’Europa, in particolare, si trova coinvolta in dilemmi ecologici inestricabili: l’European Environment Agency (AEA) ha in questi giorni pubblicato, su richiesta della Commissione Europea, il primo rapporto – l’European Climate Risk Assessment (EUCRA) – per identificare quali dovrebbero essere le politiche europee più urgenti in relazione al clima. La relazione EUCRA identifica 36 rischi climatici con conseguenze potenzialmente gravi in tutta Europa. I punti chiave del Report sono:

  • Il cambiamento climatico indotto dall’uomo sta colpendo il pianeta; a livello globale, il 2023 è stato l’anno più caldo mai registrato e la temperatura media globale nel periodo di 12 mesi tra febbraio 2023 e gennaio 2024 ha superato i livelli preindustriali di 1,5°C.
  • L’Europa è il continente con il riscaldamento più rapido del mondo. Gli acquazzoni e altre precipitazioni estreme stanno aumentando di intensità e negli ultimi anni si sono verificate inondazioni catastrofiche in varie regioni. Allo stesso tempo, l’Europa meridionale può aspettarsi un notevole calo delle precipitazioni complessive e siccità più gravi.
  • Questi eventi, combinati con i fattori di rischio ambientale e sociale, compromettono la sicurezza alimentare e idrica, la sicurezza energetica e la stabilità economica, nonché la salute della popolazione generale e dei lavoratori all’aperto; e ciò influisce sulla coesione e sulla stabilità sociale. Allo stesso tempo, i cambiamenti climatici stanno avendo un impatto sugli ecosistemi terrestri, d’acqua dolce e marini.
  • Il cambiamento climatico è un moltiplicatore di rischi che può esacerbare i rischi e le crisi esistenti, che tendono a propagarsi da un sistema o da una regione all’altro, compreso il mondo esterno verso l’Europa. I rischi climatici a cascata possono portare a sfide a livello di sistema che interessano intere società, con particolare impatto sui gruppi sociali vulnerabili (ad esempio mega-siccità che portano all’insicurezza idrica e alimentare, interruzioni delle infrastrutture critiche, minaccia alla stabilità delle economie).
  • Diversi rischi climatici hanno già raggiunto livelli critici. Se non si intraprende un’azione decisiva adesso, la maggior parte di essi potrebbe raggiungere livelli catastrofici entro la fine di questo secolo. Centinaia di migliaia di persone morirebbero a causa delle ondate di caldo e le perdite economiche derivanti dalle sole inondazioni costiere potrebbero superare i mille miliardi di euro all’anno.
  • I rischi climatici per gli ecosistemi, le persone e l’economia dipendono in gran parte dalla rapidità della riduzione delle emissioni globali di gas serra e dalla rapida efficacia dell’adattamento agli inevitabili impatti del cambiamento climatico: molte misure messe in campo per rafforzare la resilienza europea sono di lungo periodo, mentre 21 dei 36 fronti esaminati dall’AEA richiederebbero un’azione urgente.
  • La comprensione dei rischi climatici a livello scientifico non va di pari passo col livello di preparazione della società e con l’attuazione delle politiche di riduzione del rischio.
  • La maggior parte delle politiche e delle azioni volte a rafforzare la resilienza dell'Europa al cambiamento climatico sono attuate a lungo termine ed occorre una programmazione con tempi più serrati.
  • Manca una visione politica strategica che ponga la priorità delle azioni per il clima rispetto ad altri obiettivi.
  • Per il Report l’Europa è decisamente impreparata ad affrontare i rischi presenti e futuri della crisi climatica e non considera in modo adeguato il fatto che l’Europa sia un hotspot climatico: si riscalda più di altre zone del mondo. All’interno dell’Europa, inoltre, sono ancora più vulnerabili

    a) le regioni del sud o mediterranee, tra cui l’Italia, soggette a ondate di calore, siccità, incendi, che mettono a rischio il turismo e il lavoro esterno;b) le zone costiere basse con rischio di alluvione, erosione e intrusione salina;c) le regioni più esterne, come le isole Canarie, fragili per posizione e costituzione.

    Sono soprattutto a rischio sia le economie che in Europa dipendono dal turismo, dalle foreste, dall’agricoltura e la pesca, come le regioni montane, le regioni costiere e le isole, sia le aree urbane densamente popolate, a causa delle ondate di calore e delle precipitazioni estreme.

    I rischi climatici interagiscono con altri rischi non legati al clima, ad esempio l’inquinamento e le pratiche agricole insostenibili, l’uso non sostenibile di acqua e suolo, la perdita di biodiversità, l’eutrofizzazione delle acque.

    Il poli-rischio determina, a sua volta, “effetti a cascata” del rischio climatico. Il Report raggruppa i 36 principali rischi climatici nell’ambito di cinque grandi gruppi: ecosistemi, alimenti, salute, infrastrutture, economia e finanza.

    L’ambito degli ecosistemi è il più colpito:

    a) gli ecosistemi marini sono minacciati da fattori legati al clima (ondate di calore marine, acidificazione e esaurimento di ossigeno) e da fattori antropogenici (inquinamento, pesca, attività marine); aumentano le specie non indigene e le alghe, mentre la pescosità diminuisce;b) gli ecosistemi costali sono invece colpiti dall’erosione, dalle alluvioni e dalle inondazioni, oltre che dall’aumento del livello del mare e dal rischio di mareggiate;c) gli ecosistemi terrestri rischiano la siccità, il riscaldamento, l’estremizzazione delle piogge e gli incendi e l’aumento di specie aliene;d) gli ecosistemi acquatici e le zone umide sono degradati dall’uso insostenibile del suolo e dalla gestione dell’acque, dalle attività industriali e dalla crisi climatica;e) la diminuzione quantitativa e qualitativa delle foreste con conseguente diminuzione della loro capacità di assorbimento di CO2.

    La crisi dell’agricoltura potrebbe mettere a repentaglio la sicurezza alimentare entro metà secolo; nelle regioni del Sud-Europa, in particolare, prolungate ondate di calore e siccità, alternate a gelate e ad alluvioni, e l’arrivo di nuovi fattori patogeni, determinerebbero calo produttivo con conseguente aumento dei prezzi dei prodotti; ogni tentativo di mantenere la produzione inalterata produrrebbe ulteriori pressioni sullabiodiversità, sulle risorse di acqua, sul suolo e sugli ecosistemi. Ci potrebbe essere prevede un peggioramento diretto della salute, dovuto alle ondate di calore e alle infezioni e malattie tropicali anche gravi, ed un peggioramento indiretto dovuto alle conseguenze degli eventi estremi, come gli incendi; sono più a rischio di danno alla salute gli immunodepressi, chi lavora in agricoltura e in strada, chi vive in zone densamente popolate e con effetto isola di calore e le donne. Il rischio per le infrastrutturederiva da una debolezza intrinseca (molte infrastrutture sono “vecchie”), dall’impatto delle ondate di calore e della siccità (ad esempio, le fonti energetiche che dipendono dall’acqua o anche le infrastrutture digitali). Le finanze pubbliche saranno oberate dagli aumenti di spesa dovuti ad eventi estremi con conseguenteaumento dei costi delle assicurazioni.

    La dignità è, infine, l’ambito che richiede ancora maggiore chiarezza per la grande ammucchiata dei “diversi”, il cui canto è “Si può, sono libero come l’aria, si può …”. La dignità non ha a che fare con il “Dio-Patria-Famiglia sono Cosa Nostra”, né con l’imperialismo/sovranismo, né con la facile collusione con la corruzione, con i gruppi eversivi, con i traffici di droga o con la malavita. La dignità parte, invece, dal rispetto integrale per la Costituzione e per le donne e i bambini in ogni parte del mondo… per la vivibilità; ciò implica la destrutturazione dell’uomo come si è evoluto, la deantropizzazione, la decrescita, la denatalizzazione al di là delle abitudini culturali e religiose, il rientro dell’uomo in limitate nicchie ecologiche, l’affermazione dell’ONU come governante internazionale, basato sulla fratellanza dei popoli e senza Stati che abbiano potere di veto. Occorre, in definitiva, il rientro dell’uomo nella spiritualità come forza attrattiva dell’ordine naturale delle cose. Ma solo attraverso incontri faccia a faccia possono permettere di riflettere su un tema così delicato.

    Adolfo Santoro

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