I monopoli mettono in crisi la libertà di lettura?
di Roberto Cerri - martedì 17 marzo 2015 ore 17:19
Sollecitato da alcuni amici, provo a chiedermi se l'accordo societario Mondadori/RCS possa considerarsi un attentato alla libertà di lettura in questo paese. Non sono uno specialista, quindi le mie riflessioni valgono per quello che valgono, ma confesso che non mi sento minacciato nelle mie possibilità di lettura e di conoscenza dalla nascente concentrazione editoriale. Non dico che non ci sia niente da temere. I monopoli e gli oligopoli hanno sempre qualcosa che inquieta. Ma la ragione può vigilare senza dover necessariamente gridare Al lupo!, Al lupo! se non ce n'è bisogno. Sarò ingenuo come Cappuccetto Rosso, ma non vedo pericoli in giro.
Ma siccome alcuni amici hanno insistito perché spiegassi le ragioni per cui questo accordo non turbava i miei sonni (mentre turba quelli del Ministro Franceschini), metto giù le risposte che mi sono dato.
La prima, come sempre, è un po' ironica. Il monopolio della stampa dei libri (dalla narrativa alla saggistica) incide sul cervello di una minoranza di italiani. I lettori forti, quelli che leggono più di un libro al mese, sono si e no 3 o 4 milioni su 60 milioni di italiani. Ergo la limitazione di buone letture (se il monopolio Mondadori/RCS la imporrà) avrà un effetto solo su pochi. Ne rimarranno indenni sia il 50% degli italiani che non legge mai un libro nell'arco di un anno (sono loro i veri furbi? Quelli che non si faranno manipolare dai monopoli editoriali?). Sia un altro venticinque per cento che a malapena legge un libro o due all'anno. Questo insieme non dovrebbe soffrire la mancanza dei buoni libri. Insomma il 75% di connazionali non avrà danni diretti dalla nuova concentrazione editoriale.
Se va bene sarà solo il 25% dei nostri compatrioti ad avvertire qualche cambiamento. Ma ci sarà questo controllo sui buoni libri? Si eserciterà sui libri-verità? Metteranno il bavaglio davvero a Travaglio, a Saviano e a tutti gli autori di Chiarelettere? Oscureranno sul serio tutti gli autori che illuminano la mente degli altri e spingono le persone a cambiare opinione?
Già negli ultimi venti anni il panorama editoriale è cambiato in maniera radicale. Gran parte delle grandi case editrici che hanno fatto la storia editoriale del nostro paese sono finite nelle cordate Mondadori e Rizzoli che le hanno in parte omogeneizzate in parte mantenute artificialmente in vita come “marchi”. Ovviamente un pensiero malizioso (magari venato di vetero-marxismo) non potrebbe escludere che la grande confusione culturale e la fine delle ideologie seguita agli anni '80 anche nel nostro paese non sia il frutto, neanche tanto occulto, della concentrazione editoriale finita nelle mani di Berlusconi e di pochi altri oligopolisti. Ma confesso che per quanto possa trovare la tesi suggestiva, non mi convince.
In questo ventennio infatti c'è stata anche una proliferazione di case editrici da far spavento e poi ovviamente le pubblicazione in digitale su internet che ha allargato a dismisura l'offerta di lettura e favorito la bibliodiversità (e un po' anche la bibliostupidità). Insomma si è stampato di tutto e di più e alla fine ovviamente hanno vinto i prodotti più reclamizzati, ma anche quelli che sono piaciuti di più al pubblico. E i gusti del pubblico cambiano. Continuamente. E cambiano per una molteplicità di fattori che nemmeno gli oligopolisti riescono a determinare prima.
Tra l'altro la bibliodiversità è oggi coltivata dalle stesse concentrazioni editoriali che (un po' come fanno le case cinematografiche di Hollywood) cercano di produrre tutti i tipi di libri per tutti i tipi di pubblico e soddisfare tutti i possibili gusti di lettura. Inclusi quelli alternativi e di nicchia. Insomma tendono a saturare il mercato, più che a controllarlo. Il primo obiettivo è più praticabile e conveniente del secondo.
Ecco perchè non credo che il monopolio Mondadori-RCS farà precipitare l'Italia nelle grinfie di un Grande Fratello del Libro. Non rischiamo di leggere solo i libri che vorranno gli oligopolisti. Ovviamente questa deriva non si può escludere del tutto, ma non mi pare un evento ragionevole.
La presenza di migliaia di piccoli editori (alcuni dei quali molto radicali, aggressivi e alternativi), unita ai bassissimi costi della stampa, ed affiancata alla capillarità di Internet, dovrebbe metterci al riparo da queste forme di “controllo culturale”.
E poi c'è l'oggetto libro che è di per sé refrattario ai monopoli. Nemmeno il fascismo del resto riuscì a impedire la stampa e la circolazione di tanti testi “proibiti” e “sovversivi”.
Ripeto: non soffro della sindrome di Orwell o di Fahrenait. Nè di quella di Huxley. Semmai condivido la tesi catastrofista di Neil Postman: moriremo per vite troppo disordinate. Rincitrulliremo, precipitando in un meccanismo infernale fatto di troppo lavoro-troppi consumi-troppi divertimenti.
Solo i buoni libri e le buone relazioni, forse, potranno salvarci da questa fine tragicomica, che non esclude la presenza di follie e fondamentalismi (fanno parte delle cose che ci peggiorano la vita).
Ma i monopoli editoriali (incluso quel moloch che sta diventando Amazon) non avranno ruoli tanto perversi. O almeno così mi pare.
Roberto Cerri