Ebook e autori che si autopubblicano
di Roberto Cerri - domenica 27 luglio 2014 ore 12:23
E' finita da un pezzo l'epoca in cui tutto quello che si pubblicava (parlo di narrativa, per lo più) passava dal vaglio dei critici letterari. In fase di esaurimento anche l'erà degli editori puri. Oggi sono il mercato e il management editoriale (guidato dal marketing) a decidere chi e cosa pubblicare.
E non solo nel bel paese.
Certo si è moltiplicato il numero delle case editrici (solo in Italia pare ce se siano 7000, si avete letto bene settemila, quasi uno per comune.In tutta la Cina pare siano solo 600, seicento). Ma questo non cambia il trend.
Una parte di questi editori sono infatti solo stampatori al servizio di un fenomeno in crescita, quello dell'autopubblicazione. Il critico ti ignora, l'editore importante cestina il tuo testo, il manager editoriale non ti prende neppure in considerazione, bene, allora che fai?
Se credi di aver scritto una cosa importante, ti pubblichi da solo.
Sei hai qualche spicciolo e appartieni al genere romantico, ti autopubblichi su carta (ci sono diversi service oltre a una miriade di editori/stampatori locali che per sopravvivere stampano di tutto). Se invece sei moderno e hai meno soldi da investire sul tuo lavoro, ti autopubblichi sul web.
Ti autopubblichi in formato e-book.
E poi gestisci la tua promozione e le vendite (insomma ti autopromuovi e ti autovendi). In gergo oggi si chiama selfpublishing.
Insomma la stampa elettronica e internet sono in grado di far fuori un sacco di figure della filiera editoriale (dal critico all'editore, dal correttore di bozze a chi si occupa di editing, dal grafico al libraio), semplificando (almeno apparentemente) il rapporto tra l'autore (chi ha l'idea e sa metterla per scritto) e il lettore.
Ma tutto questo migliorerà la qualità del pubblicato? Difficile dirlo. Di cero aumenterà a dismisura la quantità di sciocchezze, cretinerie, banalità e brutture che il costo irrisorio del selfpublishing farà venire a galla.
Questo è il risultato inevitabile della combinazione di editoria digitale e di internet. Non ci possiamo fare nulla.
I problemi si pongono soprattutto per i poveri bibliotecari che dovrebbero riuscire ad orientarsi in questo mare magnum di pubblicazioni, mettendosi in grado di rispondere alle domande degli utenti.
Pensando a loro (ai bibliotecari e ai lettori), spero che qualche associazione culturale modello Wikipedia (autonoma, diffusa ed indipendente) stia lavorando ad un algoritmo in grado di individuare (analizzando le parole e le frasi) che cosa sia semanticamente stupido, inutile e ripetitivo ed una volta che l'abbia individuato magari sia in grado di appiccicarci un bollino digitale rosso (o nero o di un altro colore a caso) che lo identifichi come “cianfrusaglia”.
Questo per renderne semplice e immediata l'individuazione. Insomma spero che si trovi un algoritmo che faccia rinascere la capacità critica di analizzare e valutare i testi, visto che nell'era di internet questa non è più una funzione affidabile agli uomini.
Poi ciascuno sarà libero di leggere le bischerate che vuole: ci mancherebbe!
Roberto Cerri