Mai più senza le pattine
di Blue Lama - domenica 03 dicembre 2023 ore 00:05
Quando da bambina andavo a casa di un compagno di scuola e capitava che la madre, appena varcata la porta d'ingresso, mi chiedesse di mettermi le pattine, mi sembrava stranissimo. I miei genitori lavoravano fuori casa tutto il giorno, il nostro appartamento era pulito ma senza pretese di perfezione. Quindi commiseravo sentitamente l'amico al quale era toccata in sorte una mamma con la fissa delle pattine, preludio nella mia testolina di altre insopportabili ossessioni domestiche, tipo i pavimenti tirati con la cera, i salotti 'buoni' accessibili solo la domenica, le camerette tassativamente sempre ordinate.
Qualche decennio dopo, quei momenti mi sono tornati in mente dove mai avrei immaginato. Mi trovavo a Busan, sulla costa della Corea del Sud che si affaccia sul Mar del Giappone. L'enorme città, sesto porto commerciale del pianeta, si sviluppa fra colline ricoperte di foresta subtropicale e una frastagliatissima costa, dove spiagge attrezzate si alternano a promontori rocciosi, perfetti per passeggiate e trekking.
Mio marito ed io stavamo trascorrendo una domenica di sole alla scoperta di quel magnifico litorale. Avevamo visitato Haedong Youggungsa, il tempio sull'oceano, e la spiaggia di Songjeong, molto amata dalle famiglie e dai surfisti.
Poi avevamo imboccato una passerella di legno inerpicata su una scogliera per raggiungere il Cheongsapo Daritdol Observatory, un pontile famoso per il pavimento intarsiato con lastre di vetro che danno l'impressione di camminare sulle onde. Arrivati lì, ecco la sorpresa.
Accanto all'ingresso c'era un folto gruppo di persone intente a infilare sulle loro calzature dei copriscarpe di vellutino estratti da un contenitore, grigi per gli uomini, neri per le donne. Un gentile signore anziano controllava che tutti li indossassero prima di entrare. "Incredibile, bisogna mettersi le pattine!" ho esclamato.
Che i coreani ci tenessero parecchio agli edifici e agli spazi aperti al pubblico ce ne eravamo accorti fin dal primo giorno di viaggio: strade, piazze, monumenti e parchi apparivano curati, mai una cartaccia in giro, mai un segnaccio disegnato con la vernice a spray su muri e facciate. Ma addirittura le pattine... In realtà il mio consorte ed io eravamo i soli a stupirci per quell'accorgimento: intorno a noi bambini, adolescenti e adulti si comportavano come se fosse normalissimo mettersi i copriscarpe per passeggiare lungo un molo. Siamo corsi ad adeguarci al costume locale.
Con i sacchetti di stoffa ben chiusi sui sandali, abbiamo così percorso il Cheongsapo Daritdol Observatory insieme a decine di altri visitatori, scattando foto non solo al panorama e al fondale marino ma anche ai nostri piedi incappucciati.
All'uscita, istruiti dal signore anziano, abbiamo diligentemente depositato i copriscarpe in una seconda scatola adibita al recupero.
Voltandomi a guardare per l'ultima volta il pontile affollato, mi è sembrato particolarmente bello e ben conservato. E sono stata contenta di aver contribuito, con i miei passi, a spolverare quell'impiantito e quei cristalli, per farli trovare in perfetto stato a chi sarebbe venuto dopo di me.
E' stato a quel punto che ho capito. Altro che roba per maniaci della pulizia: le pattine in luogo pubblico, nel loro piccolo, sono una questione di educazione, di gentilezza. Sono civiltà.
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Blue Lama