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lunedì 04 novembre 2024

STORIELBA — il Blog di Alessandro Canestrelli

Alessandro Canestrelli

Nato a Piombino da genitori elbani, con la famiglia si sposta a Portoferraio a tredici anni; compie gli studi superiori e si iscrive alla Facoltà di Lettere e Filosofia laureandosi con Lode. Insegna all’Elba per quattro anni e passa sotto la Regione Toscana. Nel 1990 si trasferisce all’APT di Pisa per l'Editoria e la Comunicazione, poi alla Provincia di Pisa per la Cultura. Conclude l’esperienza lavorativa nel 2015.

​La riconquista spagnola

di Alessandro Canestrelli - giovedì 13 ottobre 2022 ore 08:00

(terza parte)

Filippo IV di Spagna non può sopportare un tale smacco e, appena domata l’insurrezione napoletana di Masaniello, incarica suo figlio Don Giovanni d’Austria e i viceré di Napoli e di Milano di allestire un grande esercito, composto di truppe italiane e spagnole e una flotta per la riconquista di Longone. Nel maggio del 1650 Don Giovanni passa in rassegna un esercito di settemila uomini fra cavalieri e fanti, che sono imbarcati su diciotto navi, cui si aggiungono due galere del viceré di Sardegna, mille fanti e trecento cavalieri assoldati dal principe Niccolò Ludovisi, interessato alla riconquista di Piombino e dell’Elba.

L’imponente spedizione salpa alla volta dell’isola, sollevando ancora più forte apprensione nel granduca Ferdinando II di Toscana che, dopo essere riuscito a rimanere neutrale, pensa comunque di fortificare e inviare rinforzi di truppe nelle fortezze di Cosmopoli e di Livorno.

Le truppe italo-spagnole seguono lo stesso tracciato che già, quattro anni prima, hanno percorso le truppe francesi, sbarcando alla Madiella e a Ortano, ma devono affrontare un’imboscata e superare non poche difficoltà nella marcia di avvicinamento verso il Forte di San Giacomo, poiché i Francesi hanno minato e danneggiato tutte le strade e i ponti.

Durante una di queste fasi di attacchi e contrattacchi, è stabilita una tregua per seppellire i morti e i diversi capitani dei due fronti si incontrano in un accampamento: “(...) uscirono diversi capitani francesi dalla piazza a ragionare con alcuni ufficiali dell’armata spagnola, dai quali vengono trattati nelle loro tende: Spirata l’ora fissata per la sepoltura de’ cadaveri, si batté il segno di ritirata.”

Inutile è il tentativo francese di far arrivare a Longone rinforzi con una galera con cento uomini e materiale bellico, poiché questa viene rintracciata da due navi spagnole al comando di Giovanni Doria e incendiata nei pressi di Bastia. Don Giovanni d’Austria che è riuscito a fiaccare la difesa dei Francesi cerca di patteggiare una resa onorevole, ma la risposta del De Nouailles è di riprendere i lavori di riparazione e rafforzamento delle mura.

L’esercito alleato sotto i colori di Spagna decide allora di dare l’assalto finale nottetempo e tutta l’armata, provvista di scale, uncini e marchingegni per scalare le mura, parte all’attacco da tutti i lati. Dalla fortezza si risponde col fuoco di sbarramento, con colpi di cannone caricati a mitraglia, fino a cruenti corpo a corpo; infine la resistenza si dimostra così accanita che Don Giovanni è costretto a dare l’ordine di ritirata.

Le notizie dei disordini della Fronda provenienti dalla Francia, il problema di non essere stati pagati da molti mesi sollevato dalle truppe e da alcuni ufficiali con la minaccia di uscire dalla fortezza e consegnarsi ai nemici, se non fosse stata presto trovata una soluzione onorevole, costringono il generale francese alla resa.

Il giorno stabilito il De Nouailles, con circa settecento uomini dei millecinquecento che formavano la guarnigione, con armi, bagagli, bandiere e ‘a tamburo battente’, esce dal Forte di San Giacomo con al seguito diversi carri con circa trecento fra feriti gravi e infermi. I Francesi ricevono l’onore delle armi dalle truppe schierate e si imbarcano sui legni spagnoli alla volta della patria: così finisce il quadriennale possedimento della fortezza di Longone da parte dei gigli di Francia.

Gli ispano-napoletani, vista l’esperienza delle due battaglie di Longone, si affrettano a costruire un contrafforte dal quale sia possibile bloccare qualsiasi tentativo di forzare l’insenatura col fuoco incrociato dei cannoni dei due forti: la nuova fortezza prende il nome dal suo costruttore, Forte Focardo.

L’iscrizione inserita nel portale recita: “Nell’anno 1678, regnando la maestà dell’invitto Carlo, re delle Spagne, l’eccellentissimo Don Ferdinando Faxardo di Roquentes e Zuniga, marchese e generale del Regno di Napoli, ordinò di principiare questo forte, essendo Governatore della Piazza di Longone per Maestà, il Maresciallo di Campo Don Ivan Manuel di Campo di Sotto”.

Per tutto il XVII secolo, le fonti dell’Archivio di Sanità Marittima di Livorno e le relazioni provenienti da altri archivi, riferiscono che la fortezza e il porto di Longone servono come scali ‘intermedi’ sulla rotta verso il meridione d’Italia e come basi per spedizioni piratesche ai danni delle flotte commerciali nemiche. Questo accade anche nei quattro anni di dominio francese della piazza, quando opera in quest’area il comandante-pirata ‘Duparché’. Ben più vasta è la guerra di corsa attuata dalle galere spagnole, napoletane e genovesi che depredano le navi fiamminghe, nazione con la quale la Spagna è in conflitto. La più conosciuta di queste operazioni navali, era avvenuta nel giugno del 1637: “(...) Sono comparse le squadre delle galere di Napoli, Sicilia ed altre particolari di Genova, al numero di diciannove; vengono da Portolungone, ne mancano da tre giorni, con al rimorchio nove navi olandesi, uscite da Amstradam, che dette galere predorno al principio del passato mese, verso Monaco, con vettovaglie, legnami e mercanzie diverse.”

Alessandro Canestrelli

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