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Attualità mercoledì 22 febbraio 2023 ore 13:40

La pastorizia arretra, i formaggi tipici a rischio

pastore e pecore

Complici le predazioni, una stalla ovina su tre è andata incontro alla chiusura. Sono 33 i prodotti in pericolo, eccoli provincia per provincia



TOSCANA — Lupi e ibridi predano, pastori e allevatori chiudono a ritmo di una stalla su tre, con perdita dal 2009 al 2022 di 468 allevamenti ovini da latte in tutta la Toscana insieme a 17mila capi (-6%). E ora si teme per i prodotti derivati, i pregiati formaggi tipici toscani di cui la Toscana è ricca.

La tenuta della filiera lattiero casearia regionale è messa a dura prova, e con lei la sopravvivenza in produzione di 33 specialità agricole tradizionali censite che raccontano il territorio, il paesaggio, l’identità e la storia spesso di piccole comunità, borghi e località.

“Nella nostra regione abbiamo perso una intera generazione di pastori. Si tratta di figli di pastori che a loro volta erano stati figli di pastori. Stiamo parlando di un’esperienza centenaria che la presenza di veri e proprio branchi di predatori da un decennio a questa parte stanno mettendo in serio pericolo", afferma il presidente di Coldiretti Toscana Fabrizio Filippi lanciando l'allarme per il settore. Il tutto mentre la voglia di impegnarsi in pastorizia c'è, testimoniata dal successo ottenuto dal corso per pastori promosso in Casentino.

Geografia dei formaggi a rischio

Siena è la provincia con il maggior numero di formaggi tradizionali (8) con il pecorino di Lucardo, il Fossa del Greppio considerato a rischio estinzione, il grande vecchio di Montefollonico prodotto in appena 100 forme l’anno, il pecorino a latte crudo, il pecorino delle colline senesi, il pecorino di Pienza stagionato in barriques, il pecorino stagionato in foglie di noce ed il raveggiolo di pecora senese.

A seguire ecco Grosseto (7) con la ciotta di pecora, formaggi caprini della Maremma, pastorella del cerreto di Sorano, il pecorino delle cantine di Roccalbegna, Pratolina o formaggio caprino, ricotta di pecora grossetana e la crescenza. 

Tra i territori a vocazione pastorizia ci sono poi quello di Massa-Carrara (5) con la caciotta della Lunigiana, il formaggio caprino delle Apuane prodotto attualmente da 5 allevatori, il pecorino della costa Apuana, il pecorino della Lunigiane e la ricotta di pecora massese la cui sopravvivenza è legata alla passione di quattro allevatori. 

A Pistoia (5) l’arte casearia trova la sua espressione nella caciotta dolce e nella caciotta stagionata, del pecorino a latte crudo della Montagna Pistoiese, il Raveggiolo di pecora pistoiese e la ricotta di pecora pistoiese. 

In provincia di Firenze (2) i formaggi minacciati dai predatori sono il formaggio caprino dell’Alto Mugello ed il pecorino a crosta fiorita prodotto da una sola azienda così come nella provincia di Pisa (2) il pecorino alle erbe aromatiche ed il pecorino del Parco di Migliarino San Rossore e nella provincia di Arezzo (2) il pecorino a latte crudo abbucciato ed il pecorino del Casentino. 

Tra Lucca e la Garfagnana (1) il prodotto casearo da salvare è il pecorino della Garfagnana e delle Colline Lucchesi mentre a Livorno (1) è il formaggio di latte di capra dell’Isola di Capraia.

Ritratto di un settore in crisi

Ma di questo passo, osserva Filippi, a rischio estinzione saranno i pastori. Secondo l’elaborazione di Coldiretti Toscana su base dati dal sistema informativo veterinario, dal 2009 al 2022 sono spariti 468 allevamenti ovini da latte in tutta la regione.

Con gli allevamenti sono scomparsi i capi, 17mila in meno (-6%), dopo che la popolazione ovinacaprina nel 2017 aveva raggiunto il record di 305.000 capi. Oggi sono 262mila circa.

Gli allevamenti sono passati da 1.425 a 957 (-33%), con picco acuto a voler prendere in esame il solo periodo 2017-2022: i capi in meno sono 42mila (-14%).


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